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Disastri ambientali. Come affrontare l’inquinamento nei mari. La preziosa eredità di Aniello Coppola

Autore: a cura del dott. Carlo Alfaro | Pubblicato Aprile 2021 in Attualità

Aniello (Nello) Coppola, sorrentino doc, Capitano di Lungo Corso e Avvocato Internazionale, ci ha lasciati troppo presto. Ma i libri che ha pubblicato rappresentano una importante eredità per la sua famiglia, l’adorata figlia Marianna, gli studenti e le persone interessate che potranno, leggendoli, attingere al suo sapere, alla sua esperienza, alla sua passione.
La solida tradizione marinara della sua famiglia (il padre e il nonno), l’avvio precoce della carriera di Capitano parallelamente a quella di Avvocato specializzato in Diritto della Navigazione e poi Perito navale, l’amore sconfinato per lo studio delle materie del mare, gli hanno conferito una solida preparazione culturale e una larga conoscenza giuridica, nautica, scientifico-tecnologica ed economico-politica.
Dall’esperienza di Consulente navale presso la Sezione di Navi da disinquinamento per il Ministero della Marina mercantile nasce l’importante saggio “Disastri ambientali. Come affrontare l’inquinamento nei mari”, pubblicato da Franco Di Mauro edizioni. Testo completo, esauriente, appassionato e didattico, da consigliare e donare agli studenti di materie nautiche, ai cultori della scienza ecologica e a chi voglia approfondire una materia così vitale per la salute e il benessere della Natura e dell’uomo.
Nella premessa, l’Autore scrive: “Questa guida fornisce tutte le strategie per affrontare gli sversamenti di idrocarburi costieri. Essa dà informazioni su come affrontare gli eventi inquinanti dal momento in cui l’allarme viene dato al Team di intervento, fino al momento in cui le operazioni di decontaminazione e le vie di smaltimento siano state saldamente stabilite per ogni tipo di spandimento. Esistono diversi tipi di sversamenti di idrocarburi che, una volta versati sulla superficie dell’acqua, non si comportano allo stesso modo. Vi sono anche diverse attrezzature che possono essere adoperate per eseguire un’operazione di decontaminazione. Avendo partecipato, in prima persona, alle azioni intraprese durante enormi inquinamenti da petrolio greggio, che può essere considerato il più terribile di tutti gli agenti dannosi per l’ambiente, ho deciso di divulgare le mie esperienze per tutti coloro che si troveranno ad affrontare uno o più sversamenti petroliferi costieri di natura accidentale”.
Purtroppo, il testo è di sconvolgente attualità: il mare è sempre più in pericolo a causa dell’inquinamento da petrolio. I disastri ambientali causati negli ultimi anni dalla contaminazione delle acque marine da petrolio hanno colpito tutte le zone del Pianeta.
Appena lo scorso febbraio Israele è stata colpita da uno dei peggiori disastri ambientali degli ultimi decenni: una fuoriuscita di petrolio in mare aperto (presumibilmente da una petroliera) ha fatto depositare almeno 1.000 tonnellate di bitume (il materiale solido in cui si trasforma il petrolio a basse temperature) lungo 170 chilometri di costa del Paese (praticamente quasi tutta la costa mediterranea di Israele, che si estende per circa 195 chilometri). L’ammasso di catrame è stato talmente tanto - in alcuni punti con uno spessore anche di 10-12 centimetri - che secondo gli esperti potrebbero volerci decenni per rimuoverlo del tutto dalle spiagge. Ai volontari è stato necessario fornire delle bombole di ossigeno per le difficoltà respiratorie causate da inalazione di fumi di bitume. Incalcolabili i danni alla flora e fauna marine e all’intero ecosistema della barriera corallina. Molti animali come pesci, uccelli, tartarughe marine sono stati trovati coperti di catrame, mentre la corrente continua a portare a riva carcasse di animali, compresa una balenottera con i polmoni invasi di liquido nero.
Pochi mesi prima, a luglio 2020, nelle isole Mauritius, arcipelago dell’Oceano Indiano sud-occidentale, una petroliera giapponese si è incagliata nelle rocce e ha riversato in mare buona parte delle 4.000 tonnellate dei combustibili fossili che recava, interessando circa 15 chilometri di costa e causando danni incalcolabili all’ambiente.
Il motivo dell’inquinamento marino da petrolio può essere dovuto a incidenti, attività come carico e scarico o rifornimento, sversamento doloso (scarico abusivo), estrazione di petrolio dalle piattaforme sul mare ad opera delle compagnie petrolifere.
Il petrolio grezzo, ovvero che non ha ancora subito alcuna lavorazione, è una miscela complessa di diversi idrocarburi che vengono distinti in base al loro peso in leggeri, medi e pesanti. I greggi con una maggiore percentuale di idrocarburi a medio e alto peso hanno un maggiore impatto ambientale in quanto più persistenti nell’ambiente e con maggiore possibilità di contaminazione di fauna e flora marina.
Il danno da sversamento di petrolio nel mare si estrinseca a diversi livelli. Innanzitutto, il greggio ha un peso specifico minore dell’acqua, per cui appena sversato in mare forma una pellicola sulla superficie del mare, che è impermeabile all’ossigeno causando anaerobiosi che uccide il plancton e causa soffocamento della fauna e flora. Successivamente, precipita sul fondale e penetra sotto gli scogli, alterando in maniera irreparabile gli ecosistemi del fondale marino. Il petrolio penetra nel piumaggio degli uccelli, riducendo la capacità di isolante termico per cui diventano vulnerabili alle escursioni termiche ambientali e quindi soggetti alla morte per disidratazione e ipotermia, e rendendo le piume inadatte al nuoto e al volo, con impossibilità di muoversi, procacciarsi il cibo e fuggire dai predatori, per cui vanno incontro a morte per annegamento, fame o uccisione. Inoltre gli uccelli per istinto cercano di pulirsi il piumaggio con il becco, e così facendo ingeriscono il petrolio, con effetti tossici e letali per apparato digerente, fegato e reni e interferenze endocrine e metaboliche.
Anche i mammiferi acquatici come le foche e le lontre si impregnano di petrolio sulla pelliccia andando incontro a ipotermia, disidratazione e intossicazione, oltre che a morte per ingestione di cibo tossico o per esaurimento del nutrimento.
Tra le specie ad alto rischio predominano le tartarughe, che possono contaminarsi sia tramite l’ingestione di cibo, sia tramite l’assorbimento attraverso la pelle, gli occhi, le vie respiratorie e i polmoni; se il petrolio raggiunge le coste, c’è anche la possibilità di danno delle uova.
Gli idrocarburi inoltre avvelenano l’acqua entrando nella catena alimentare di tutti gli organismi viventi. La parte che evapora danneggia l’aria, gli alberi e contribuisce ai cambiamenti climatici. Il danno degli animali e della vegetazione contribuisce alla perdita della biodiversità per estinzione di specie animali e vegetali. La contaminazione delle coste, sia sabbiose che rocciose, può compromettere gli habitat naturali con conseguente allontanamento degli animali dalle aree, che si spopolano delle specie autoctone. Per le popolazioni, si verificano privazione delle fonti di sostentamento, chiusura dei siti balneari e interruzione dei flussi turistici, crollo dell’economia legata al mare (Blue Economy), danni alla salute da molecole tossiche che, entrate nel corpo umano attraverso la catena alimentare o la respirazione, si possono comportare da cancerogene, mutagene, teratogene o da interferenti endocrini, con effetti anche a lungo termine. A maggior rischio di danneggiamento le aree marine protette e le riserve naturali, per definizione più vulnerabili.
La bonifica dell’ambiente danneggiato richiede mesi o anni e talvolta resta irrecuperabile.
Il Mediterraneo purtroppo è in assoluto il mare al mondo più inquinato dagli idrocarburi, causa l’eccesso di navigazione (si concentra circa il 15% del traffico marittimo globale, che sembra destinato ad aumentare del 4% all’anno). Ogni anno si stima che si disperda nel mare una media di 4 milioni di tonnellate di petrolio in tutto il Pianeta e di 600.000 tonnellate per il solo Mediterraneo. La concentrazione di idrocarburi nell’acqua del Mediterraneo si stima 38 milligrammi per metro cubo: una cifra enorme. Ancor di più se si considera che la potenza inquinante del petrolio è altissima: 1 centimetro cubo di idrocarburi (cioè la grandezza di un dado) uccide al 90% la vita in 1 metro cubo di acqua.
Nell’importante testo del compianto Capitano Coppola, è spiegato con competenza, chiarezza ed estrema completezza come organizzare e realizzare piani di intervento contro gli inquinamenti costieri, quali sono proprietà e comportamento degli sversamenti di petrolio (come si formano gli strati oleosi, i vari tipi di petrolio, le caratteristiche della sua distribuzione una volta sversato in acqua, l’influenza delle condizioni del mare), gli impianti di stoccaggio, i mezzi di prevenzione e quelli di recupero e di dispersione del materiale petrolifero, le strategie di bonifica a seconda dei vari territori, lo stivaggio e il trattamento dei prodotti recuperati.