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Quali sono i diritti delle coppie di fatto?

Autore: a cura dell. Avv Patrizia Cappiello | Pubblicato Novembre 2021 in Attualità

Fino a qualche anno fa le coppie di fatto erano quelle che convivevano senza essersi sposate. Nel 2016, con la legge Cirinnà, sono state introdotte due forme di unione diverse dal matrimonio: le unioni civili, per le persone dello stesso sesso, e le convivenze di fatto, per le coppie eterosessuali che, nonostante non si vogliano sposare, decidono di formalizzare la loro unione presentando una richiesta al comune. Queste coppie hanno ricevuto una formale tutela giuridica rispetto a determinati aspetti della vita, primo fra tutti quello della malattia.
Allo stato attuale, le coppie di fatto sono quelle che non si sono volute sposare e non hanno neanche dichiarato la loro convivenza al comune di residenza.
La legge per le persone che vivono in una simile condizione non prevede niente ma la giurisprudenza ha elaborato alcuni strumenti di tutela, soprattutto nel caso di crisi o fine dell’unione. Di seguito vengono riportati alcuni esempi.
Se la casa nella quale si è svolta la convivenza è in affitto, alla morte del titolare il convivente sopravvissuto ha diritto di subentrare nel contratto di locazione sino alla sua naturale scadenza.
Se uno dei due conviventi muore per fatto illecito altrui, ad esempio un incidente stradale, il superstite ha diritto ad essere risarcito.
Se il partner viola gli obblighi familiari, ad esempio se l’uomo abbandona la compagna incinta senza mezzi di sussistenza, lei è legittimata a richiedere il risarcimento dei danni. Si tratta di un semplice risarcimento e non di un assegno di mantenimento, che invece può spettare a chi convive ufficialmente. In ogni caso il nascituro avrà diritto al mantenimento perché i figli hanno sempre diritto di essere cresciuti, istruiti ed educati e la legge non distingue tra figli nati durante il matrimonio, da relazione extraconiugale o da persone conviventi.
Infine, anche se può sembrare scontato, i giudici hanno ritenuto opportuno precisare che il reato di maltrattamenti in famiglia si può configurare oltre che in una coppia sposata, anche nella convivenza. Invero, l’articolo 572 del codice penale stabilisce che chiunque maltratta una persona della famiglia o convivente è punito con la reclusione da due a sei anni.
Per contro, il semplice convivente non ha diritto all’eredità del compagno defunto, a meno che lo stesso non faccia testamento, ed alla pensione di reversibilità. Problemi si pongono anche per l’assistenza e l’accesso alle informazioni personali in caso di malattia o di ricovero, che spettano solo al coniuge ed al convivente di fatto che ha formalizzato l’unione al comune.

Avv. Patrizia Cappiello
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