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Parto naturale o taglio cesareo? Un Convegno a Sorrento

Autore: a cura del dott. Carlo Alfaro | Pubblicato Ottobre 2021 in Attualità

Sabato 18 settembre, presso la Sala consiliare del Comune di Sorrento, si è tenuto un interessantissimo incontro/dibattito organizzato dalla FIDAPA Penisola Sorrentina e dal Comune di Sorrento dal tema “Perché tanti cesarei?”. Un grande evento di informazione, confronto e dibattito della comunità con esperti del territorio. Dopo i saluti della Consigliera comunale Rossella Di Leva, che ha fortemente voluto l’evento assieme al Sindaco Massimo Coppola, dei cui saluti si è fatta portavoce, sono intervenuti: la Presidente della FIDAPA, Dott. Cristina D’Esposito; il Prof. Mariano Iaccarino, padre riconosciuto dell’Ostetricia moderna, con all’attivo oltre 4.500 parti, già Primario di Ginecologia all’alsnapoli1 e Docente di Specializzazione in Ecografia prenatale; il Dott. Liberato Cafiero, Dirigente Psicologo aslnapoli3sud e socio fondatore ASPES (Ass. Psicologi Penisola Sorrentina); il Dott. Carlo Alfaro, Dirigente Pediatra aslnapoli3sud; altri Medici specialisti che sono poi subentrati in fase di discussione.
Se sia meglio il parto naturale o il taglio cesareo, quali siano per l’uno e l’altro le indicazioni, i vantaggi, i rischi, è un tema complesso, dalle tante sfaccettature, che coinvolge visceralmente ogni donna, mamma, famiglia, perché attiene al mistero fondante della vita, la Nascita e all’aspettativa più profonda di ogni essere umano, la Salute. Commenta Rossella Di Leva: “L’esperienza del parto per una donna rappresenta sempre un passaggio importante e delicato, perché questo si verifichi nel miglior modo possibile concorrono da sempre una serie di fattori: medici, psicologici, familiari, ambientali. Ma la vita è cambiata, le donne sono cambiate, sempre più spesso la nascita del primo figlio avviene dopo i 35 anni e questo è senz’altro uno dei fattori che provoca un aumento dei parti cesarei, come anche l’avvento del Covid ha fatto registrare un aumento dei casi. Dai vari interventi, non solo dei relatori, ma anche di altri Medici presenti in sala, sono emerse tante criticità che purtroppo ancora si verificano nei nostri ospedali. C’è tantissimo ancora da fare e da migliorare, quindi giustissimo parlarne, perché solo dal confronto con tutte le parti interessate si riesce ad avere una visione chiara di come stanno davvero le cose e si possono maturare scelte consapevoli”.
Il messaggio finale dell’incontro, nelle parole del Professor Iaccarino, è che non conta tanto la percentuale di cesari che si eseguono, il cui tasso ideale sancito dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è stabilito in base alla riduzione della mortalità, ma la prevenzione della morbidità di mamma e bambino, quindi di malattia e disabilità, e la considerazione del contesto in cui avviene il parto, se garantisca tutte le condizioni necessarie alla sicurezza di un parto vaginale che, nel caso di una gravidanza fisiologica, resta la scelta ottimale e meno rischiosa, sia per la mamma sia per il bambino.
Per “parto naturale” si intende quello che inizia spontaneamente e prosegue fisiologicamente durante tutto il travaglio fino all’espulsione del neonato per via vaginale. Il “parto cesareo” è invece un’operazione chirurgica che prevede l’estrazione del feto dall’utero attraverso un’incisione della parete anteriore dell‘addome (laparatomia) e una incisione della parete dell’utero (isterotomia). Può essere elettivo (programmato) oppure urgente (eseguito perché si è verificata una condizione imprevista durante il travaglio).
Il cesareo rappresenta uno strumento importantissimo per preservare la salute e la vita della madre e del nascituro, ma, in assenza di indicazioni cliniche che ne facciano raccomandare l’esecuzione, non è più sicuro del parto vaginale, anzi comporta potenziali rischi chirurgici, post-chirurgici e anestesiologici, come qualunque operazione.
L’Oms stima che la quota raccomandabile di cesarei sia il 15-20% del totale dei parti. Nel mondo, i dati aggiornati al 2016 riportano tassi medi del 24,5% in Europa occidentale, del 32% in Nord America e del 41% in Sud America. La percentuale di cesarei in Italia è (dati aggiornati al 2017) del 32%. La cifra è ancora alta rispetto alla media europea, sebbene in diminuzione costante dal 2011, quando i cesarei erano il 38% dei parti. Esiste molta differenza tra le Regioni, con maggiori proporzioni di cesarei al Sud (dal minimo della provincia di Bolzano con poco più del 20%, al record della Campania con il 60%), tra gli ospedali per quanto attiene al numero di parti effettuato dal punto nascita (in quelli con meno di mille parti si ricorre di più al cesareo), e tra ospedali pubblici e case di cura private (nelle quali aumenta la percentuale). Un forte aumento ingiustificato dei tassi di tagli cesarei in tutto il mondo si è avuto durante la prima ondata pandemica del 2020.
Oggi risulta che i tagli cesarei aumentano il rischio di complicazioni e ricovero in terapia intensiva nelle donne con Covid-19 e che il rischio di trasmissione del Coronavirus dalla madre al bambino non aumenta eseguendo un parto vaginale.
Secondo le linee guida accreditate, il taglio cesareo viene raccomandato in caso di: gravidanza gemellare monocoriale monoamniotica (gemelli con un unico sacco amniotico e un’unica placenta) o gemellare biovulare in cui non ci sia la presentazione cefalica di entrambi i feti; placenta previa centrale (inserita così in basso da ostruire il canale del parto); distacco prematuro di placenta; sproporzione feto-pelvica (il bambino è troppo grande per passare attraverso il bacino); peso fetale stimato superiore a 4500 g; gravi problemi di salute materni (respiratori, cardiaci, renali, neurologici, metabolici, infettivi); infezione genitale primaria da virus herpes simplex con presenza di lesioni nel terzo trimestre o in prossimità del parto; infezione da HIV, isolata o associata a infezione da virus dell’epatite C; dilatazione non sufficiente, nonostante contrazioni spontanee o somministrazione di farmaci; presenza di fibromi, cisti ovariche, tumori o altre anomalie anatomiche bloccano l’uscita del bambino per via vaginale; interventi chirurgici uterini con incisioni nel corpo dell’utero; necessità di parto improvviso prima del termine in situazioni di emergenza o di incoscienza della mamma con rischio di vita della mamma o del bambino (es. incidente stradale, emorragie interne, sofferenza fetale grave); cordone ombelicale mal posizionato che impedisce un’espulsione sicura del bambino attraverso la vagina; ritardo grave di crescita intrauterina o forte prematurità o anomalie fetali gravi; presentazione anomala (es. trasversale, podalica o di spalla) a 39 settimane di gravidanza o, comunque, quando inizia il travaglio.
Casi particolari sono il pregresso cesareo, in cui il parto vaginale è praticabile, se sono passati almeno 18 mesi dall’intervento, non ci sono stati pregressa rottura d’utero, pregressa incisione uterina longitudinale, 3 o più tagli cesarei precedenti, ma richiede una struttura attrezzata a fronteggiare l’aumentato rischio di rottura dell’utero; la madre attempata: dopo i 40 anni il tasso di parti cesarei aumenta considerevolmente, soprattutto se si tratta del primo parto in quanto è ridotta l’elasticità dei tessuti, ma non è una regola assoluta; le gravidanze da fecondazione assistita, nelle quali oggi si tende, a differenza che in passato, a usare le stesse indicazioni per il cesareo che si adottano per una gravidanza insorta naturalmente.
Il 50% dei tagli cesarei è effettuato in condizioni di urgenza a causa di parto prolungato e fetal distress, per arresto del travaglio oppure battito cardiaco alterato del feto. In tal caso, si hanno pochi minuti per decidere, organizzare la sala operatoria e intervenire chirurgicamente. I vantaggi del parto naturale per la mamma comprendono: minori complicazioni post-parto (infezioni, perdite ematiche, aderenze cicatriziali); ridotti tempi di recupero fisico e di ospedalizzazione; partecipazione attiva del padre al parto; aumento di senso di gratificazione, appagamento, autostima.
Per il neonato: le contrazioni uterine, fungendo da una sorta di massaggio sul corpo del feto nel passaggio nel canale del parto, stimolano le funzioni neurologiche ed endocrine, attivando meccanismi fisiologici di adattamento alla vita extra-uterina come respirazione e termoregolazione; si ha la “spremitura” del torace del neonato nel passaggio nel canale del parto durante la fase espulsiva che favorisce la pulizia dei polmoni dal liquido amniotico e dilata i bronchioli; gli ormoni prodotti dalla madre durante il travaglio (ossitocina, endorfine, adrenalina) passano al feto stimolandolo positivamente; si crea una flora batterica ideale nell’intestino.
Il nostro organismo ospita, in uno stretto rapporto di interazione e collaborazione, una comunità di batteri benefici che nel loro insieme vengono chiamati “microbiota” e abitano i diversi distretti del corpo a contatto, direttamente o indirettamente, con l’ambiente esterno: cute, cavità orale, vie aeree, tratto urogenitale e soprattutto il canale alimentare. Il microbiota del neonato viene trasmesso dalla madre, in parte già nella vita fetale tramite il liquido amniotico (a differenza di quanto si ritenesse, l’ambiente intra-uterino non è completamente sterile), in gran parte subito dopo la nascita, attraverso la vagina durante il parto naturale, il latte materno, i contatti con la pelle, i capezzoli e le labbra della mamma.
Durante la gravidanza, il microbiota intestinale materno viene “fotocopiato” a livello vaginale e mammario proprio per essere trasferito al neonato attraverso il parto e l’allattamento. Il parto vaginale e l’allattamento al seno garantiscono dunque un vantaggioso “passaggio di consegne” dalla madre al neonato della preziosa eredità microbica.
Il fatto che il microbiota materno venga trasmesso così precocemente e intensamente al neonato ne conferma il ruolo essenziale di “educazione” e supporto alle sue funzioni essenziali. I bambini nati da parto cesareo vengono privati dei microbi che la madre trasmette attraverso il passaggio nel canale del parto.
Il tratto digerente di neonati partoriti con cesareo viene colonizzato alla nascita da batteri presenti nell’ambiente, non da quelli vaginali della madre. Ciò comporta importanti differenze: mentre la “stabilizzazione” (cioè il raggiungimento della quota di 100 miliardi di batteri per grammo di feci) del microbiota dei neonati nati naturalmente avviene dopo un mese e viene composto maggiormente da generi batterici quali Batteroidi (Bacteroidetes), Bifidobatteri (Actinobatteri), Lattobacilli (Firmicutes) ed Enterobatteri (Proteobatteri), distribuiti con armonico rapporto simbiotico (eubiosi), nel caso di taglio cesareo non si stabilizza per almeno 6 mesi e viene composto prevalentemente da Enterobacteriaceae, con ridotta diversità batterica, aumento di germi potenzialmente patogeni (Clostridium difficile ed Escherichia coli), ridotta concentrazione di commensali benefici (Batteroidi, Bifidobatteri e Lattobacilli), alterata funzione immuno-metabolica del microbiota.
Questo profilo di flora intestinale nei bambini nati con parto cesareo li rende più inclini a sviluppare patologie del sistema immunitario. I dati epidemiologici documentano incrementato rischio di sviluppare patologie allergiche (asma bronchiale), autoimmuni (diabete di tipo 1, malattia di Crohn, celiachia) e metaboliche (obesità e diabete di tipo 2) nei nati da cesareo, e il tipo di microbiota potrebbe avere un ruolo nell’influenzarne l’insorgenza.
Riguardo ai rischi del cesareo, sono annoverate diverse associazioni con eventi avversi, che tuttavia attualmente sono state ridotte al minimo, al punto che il parto cesareo è considerato sicuro quanto il parto vaginale nei Paesi ad alto reddito.
Tra i possibili svantaggi per la mamma: necessità di rimanere in ospedale più a lungo dopo il parto (la degenza ospedaliera media è di 2 giorni dopo un parto vaginale e 4 giorni dopo un cesareo); dolore della ferita per alcuni giorni (circa 1 persona su 10 continua ad avere qualche fastidio alla pancia e alla ferita per alcuni mesi dopo l’operazione); rischi generali legati all’anestesia; infezioni della ferita chirurgica; perdita ematica intraoperatoria o emorragia post-partum, fino alla necessità di trasfusioni; lesioni accidentali dei vasi uterini o delle vie urinarie (vescica, ureteri), soprattutto in casi di emergenza; dolore addominale e stipsi; rottura dell’utero e isterectomia; eventi tromboembolici (trombosi venosa profonda ed embolia/infarto polmonare); infezioni urinarie; problemi cardiaci; sepsi; necessità di ricovero in terapia intensiva; maggior rischio di mortalità rispetto al parto spontaneo; rischi per le gravidanze successive (più elevato rischio di rottura di utero o anomalo impianto della placenta o distacco di placenta o aborto spontaneo e nati morti, ma non di mortalità perinatale); endometriti; aderenze pelviche; sterilità secondaria; a livello psicologico, scarsa soddisfazione del parto, scarsa autostima, minor desiderio di successive gravidanze, ritardato inizio della relazione madre-neonato.
Invece il taglio cesareo per il neonato è stato talvolta associato a: problemi respiratori (tachipnea transitoria per 24 ore dovuta a incompleta fuoriuscita di liquido dai polmoni); ipoglicemia; minor Apgar score; ferita da taglio durante l’intervento chirurgico; maggior rischio di ricovero in terapia intensiva; ritardato inizio di allattamento al seno per permanenza del neonato in incubatrice e difficoltà della madre ad attaccarlo dopo l’intervento a causa di una minore libertà di movimento e per i dolori della ferita, con maggior ricorso all’integrazione di latte artificiale; rischio più elevato di asma infantile, obesità, infezioni e malattie auto-immunitarie.
Uno studio pubblicato sulla rivista PLOS Medicine 2020 e condotto dagli esperti dell’università di Aarhus in Danimarca e del Murdoch Children’s Research Institute in Australia che ha analizzato 7,2 milioni di nascite avvenute tra Australia, Danimarca, Inghilterra e Scozia, circa un quarto delle quali tramite taglio cesareo, ha evidenziato un maggiore rischio di ricovero per infezioni respiratorie, gastrointestinali, genito-urinarie o simil-influenzali, entro i primi 5 anni di vita, tra i piccoli venuti alla luce da parto cesareo.
Tra parto vaginale e cesareo gli studi non hanno trovato nessuna differenza, attualmente, per la madre su: dolore alla schiena, dispareunia (dolore durante il sesso), incontinenza fecale, depressione post-partum, e per il bambino su: mortalità neonatale, paralisi cerebrale, montata lattea (può solo tardare di 1-2 giorni: in terza-quarta giornata anziché in seconda-terza) e possibilità di allattamento al seno.
Quali vantaggi del cesareo, infine, sono documentati meno rischi di: dolore, ansia, lesioni alla vagina, corionamniosite, incontinenza urinaria, disturbi perineali, prolasso utero-vaginale e degli organi pelvici, traumi per il feto come le paralisi ostetriche.
In conclusione, la scelta della modalità del parto va concordata col ginecologo di fiducia attraverso una oculata disamina dei pro- e contro in ogni singolo caso, senza mai dimenticare che non è il modo in cui fa venire al mondo il figlio che fa di una donna una mamma, ma l’Amore che saprà dargli.