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Ipoacusia e modelli alimentari Che c’è di vero?

Autore: Ipoacusia e modelli alimentari Che c’è di vero? | Pubblicato Agosto 2020 in Salute

Una serie di analisi emergenti stanno dimostrando la relazione tra l’ipoacusia e i vari modelli alimentari, piuttosto che concentrarsi sulle singole sostanze nutrienti specifiche. Gli schemi dietetici considerano il tipo di alimentazione sulla base di determinati cibi (ad esempio vegetariani), su modelli statistici, e/o indici di qualità. Un parametro utile in tal senso è l’indice HEI (Healthy Eating Index) che, negli Stati Uniti, misura la conformità dei regimi alimentari rispetto alle linee guida promosse dal Dipartimento dell’Agricoltura statunitense. L’indice HEI, nel corso degli anni, ha subìto diverse revisioni ed è possibili ottenere maggiori informazioni tramite sito. In generale, l’indice HEI fornisce un punteggio su una scala da O a 100, dove 100 rappresenta il valore massimo di cibo “sano”. Il punteggio HEI si ottiene sommando i vari sotto componenti che prendono in esame i vari aspetti di un’alimentazione sana, secondo quanto prescritto dall’USDA. Alcuni componenti forniscono punteggi più elevati rispetto ad altri, grazie al loro valore nutritivo (ad esempio, le verdure) mentre altri, come il sodio, con un maggiore consumo contribuiscono ad abbassare il punteggio. Tre analisi effettuate di recente, frutto della ricerca condotta dal National Health and Nutrition Examination Study (NHANES,) hanno valutato il rapporto tra indice HEI e udito, tra udito ed esposizione o rumore e tra udito e acufeni (in preparazione). Lo studio NHANES è un’indagine, tutt’ora in corso, a sezione trasversale effettuata tra popolazione civile e non-istituzionalizzata degli Stati Uniti. Ogni due anni circa 10.000 individui vengono selezionati in modo casuale, all’interno di specifici parametri di distribuzione demografica in modo da costituire campioni rappresentativi di tutta la popolazione degli Stati Uniti. Questo studio prevede l’utilizzo di questionari e di esami specifici per valutare in dettaglio lo stato di salute dei partecipanti, compreso l’udito. I risultati generali riguardo la salute uditiva hanno dimostrato, finora l’esistenza di una relazione significativa tra l’indice HEI, l’ipoacusia e il disturbo detto tinnitus. L’indice HEI più elevato, che equivale ad una migliore alimentazione, è associato a soglie uditive più basse, quindi ad un udito migliore e ad una minore incidenza dell’acufene. La comprensione dell’interazione tra alimentazione, prevenzione e perdita della capacità uditiva è ancora agli esordi. Sappiamo che molti nutrienti e tracce di sostanze chimiche, ottenibili tramite il nostro regime alimentare, possono compromettere la piena funzionalità del nostro udito. Esiste una vasta letteratura, ricca di dati essenzialmente basati su soggetti animali, a sostegno di questa teoria. Tuttavia, trasferire queste informazioni in ambito umano non è semplice come sembra: molti fattori giocano un ruolo difficile da verificare e, al momento, mancano studi trasversali. Molte delle componenti dietetiche associate alla prevenzione dell’ipoacusia (ad esempio, una più alta assunzione di frutta e verdura) sono anche associate ad un più basso rischio di malattie croniche. Numerose domande rimangono ancora in sospeso, specialmente per quanto concerne l’interazione tra alimentazione, attività fisica, malattie croniche e perdita uditiva, prima di poter studiare interventi adeguati per la salute pubblica.
Esiste una combinazione di nutrienti specifica per prevenire l’ipoacusia e l’insorgenza dell’acufene? Qual è l’azione a breve e a lungo termine degli integratori? Qual è il ruolo della genetica, nell’identificare le linee guida migliori sia per l’alimentazione che per prevenire la perdita uditiva, l’acufene o gli altri problemi di salute cronici? Qual è il valore della nutrigenetica? I consigli e le linee guida a livello globale devono dipendere dall’eziologia dell’ipoacusia? Oppure dovranno dipendere da fattori geografici e demografici? Anche se non abbiamo ancora le risposte a tutte queste domande, e a molte altre, le prove raccolte sono evidenti: uno stile di vita sano, che comprende dieta, attività fisica, ecc. è correlato anche ad una migliore salute dell’udito. Nel dialogare con i miei pazienti sono solita chiarire il fatto che la perdita dell’udito è multifattoriale e non un inevitabile processo d’invecchiamento. Tale conoscenza aiuta a migliorare le nostre abitudini per influire, in modo diretto e indiretto, sui risultati e favorire una corretta prevenzione. Prevenire l’ipoacusia, primaria o secondaria, non vuol dire limitarsi all’utilizzo di otoprotettori ed evitare i farmaci ototossici. L’audiologia, in quanto branchia che interessa l’assistenza sanitaria, è tenuta a guardare oltre i meri problemi che riguardano l’orecchio e deve considerare, oltre ai “soliti sospetti” (rumore, età e farmaci), la molteplicità di fattori che incidono anche sulla salute dell’udito. Solo questa può considerarsi una vera ed efficace prevenzione.

Dott.ssa Tea Maione
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