Giovedì 02 Maggio 2024, 17:25

Le conseguenze sociali e individuali della pandemia

Autore: a cura della Dott.ssa Claudia Langella Psicologa Clinic | Pubblicato Luglio 2021 in Salute

Dai primi mesi del 2020 ad oggi, siamo stati travolti da uno stato di emergenza del tutto inaspettato che ci ha colti assolutamente impreparati nell’affrontarlo. Un virus di notevole potenza ha spazzato via ogni nostra certezza, abitudine e senso di sicurezza. Ritrovarsi da un giorno all’altro privati della nostra libertà individuale, nella speranza di una ritrovata e desiderata libertà sociale. Riflettiamo insieme sul concetto di libertà individuale.
Ritenere di essere liberi di poter decidere della propria condotta sociale e nel rispettare o meno le norme imposte dalla pandemia, è una mera illusione. Essere liberi non s’intende fare ciò che si vuole avendo come priorità se stessi e i propri desideri, contrariamente il concetto di libertà contiene in sé aspetti individuali e sociali-collettivi.
Sentirsi liberi implica il rispetto della sicurezza e dell’incolumità altrui e solo privandosi momentaneamente della libertà individuale, si può giungere insieme ad una libertà sociale condivisa. Passiamo ora ad analizzare l’entità del nemico, dal quale siamo tutti minacciati e vittime. Non avere forme e dimensione visibili, alimenta la nostra sensazione di fragilità e impotenza nei confronti di un nemico che non ci permette di poterlo guardare, ma ci concede solo di poter assistere alle sue conseguenze spesso devastanti. Inoltre tale nemico si cela e nasconde nei nostri cari, nei nostri amici più stretti, destabilizzando ogni certezza e legame. In tale circostanze il nemico non è l’estraneo, lo straniero, paradossalmente più facile da attaccare e dal quale difenderci, ma è la persona cara, parenti, coniugi, amici, i quali, in modo del tutto inconsapevole possono essere portatori del virus. Tale condizione favorisce uno stato di isolamento forzato con la conseguente solitudine. Pensiamo alle persone che vivono da sole, agli anziani, a coloro che sono stati ospedalizzati e senza i loro cari hanno dovuto affrontare le difficoltà presentate. A coloro i quali hanno perso i loro cari, senza poter condividere il loro dolore e trovare conforto. I rituali sociali, come i funerali, hanno come aspetto fondamentale la condivisione del dolore e il possibile sostegno ricevuto. L‘uomo per natura è un essere sociale non adatto per un tempo prolungato allo stato di solitudine. Le ripercussioni dal punto di vista puramente psicologico sono rappresentate dalla nascita di fobie sociali di tipo persecutorio e ipocondriaco e dalla diffidenza generalizzata “non posso fidarmi più di nessuno”. Diventare consapevoli di doversi proteggere anche dalle persone più care e rinunciare alla vicinanza fisica, come un abbraccio, bacio, una stretta di mano, determina una paura fobica nel confronti dell’altro e un isolamento non solo sociale dettato dalla pandemia, ma ancora più invalidante, parliamo di isolamento psichico. Tale condizione presenta sintomi quali chiusura parziale o totale verso il mondo sociale, ansia, attacchi di panico, paura di uscire da casa, percezione di sentirsi al sicuro solo nella propria zona sicura che può essere anche solo la propria stanza e non il resto della casa.
I soggetti, i quali presentavano precedentemente una storia clinica caratterizzata da tali disturbi, hanno avuto nella maggior parte dei casi, dei peggioramenti dovuti alle circostanze che hanno alimentato il loro ritiro sociale e trovato conferma alle fobie persecutorie e ipocondriache. Credere fortemente di essere in perenne pericolo, di non potersi fidare di nessuno e/o di non poter abbassare mai la guardi da un possibile contagio virale, trova sicuramente terreno fertile nell’attuale realtà storica. Anche la nostra capacità attentiva ha richiesto maggior competenza, non ci è permesso rilassarci, abbassare la guardia, ma contrariamente per la nostra tutela dobbiamo ipervigilare su cosa tocchiamo, sul distanziamento, sanificazione continua di mani e altri oggetti, i quali in modo ripetuto e continuativo nel tempo possono causare rituali ossessivi.
Un’ulteriore riflessione degna di osservazione, è l’aspetto non democratico della pandemia. Per ridurre la diffusione del virus, è stato richiesto di restare a casa il più possibile, uscire solo per necessità importanti, ne consegue un interrogativo importante: chi una casa non la possiede? Lo stato di emergenza causato dal Covid-19 ha evidenziato delle criticità sociali già presenti da tempo, determinando un maggior senso di vulnerabilità e mancata uguaglianza nella condotta protettiva rispetto al virus.
Inoltre, se la casa rappresenta un luogo di continui abusi e violenze? È stato riscontrato un aumento significativo delle violenze domestiche e abusi sulle donne durante la pandemia, come dimostrano i dati ISTAT. Se si guarda ai dati delle chiamate al numero verde nazionale antiviolenza (1522) si può, infatti, notare come dal 1° marzo al 16 Aprile 2020 ci sia stato un aumento del 73% rispetto allo stesso periodo del 2019 con un aumento delle vittime che hanno chiesto aiuto del 59% rispetto allo scorso anno (ISTAT, 2020).
Anche i dati raccolti presso gli uffici giudiziari fra il1° agosto 2019 e il 31 luglio 2020, che tengono conto anche del periodo di lockdown, mostrano come la percentuale dei procedimenti iscritti per il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi sia aumentata dell’11% con un sensibile incremento delle denunce avvenuto proprio tra il 1° gennaio e il 31 maggio 2020.
Tuttavia dopo ogni criticità bisogna apprendere cosa ci ha insegnato tale emergenza, e partendo dalla nostra consapevolezza, poter cambiare concretamente le cose che non funzionano da un punto di vista sociale. Mentre nell’ottica individuale, ad ognuno di noi è stato richiesto in modo inconsapevole, di effettuare un adattamento creativo alla nuova condizione. Tale fenomeno è possibile quando utilizziamo le nostre risorse personali e sociali in modo nuovo per adattarci al meglio alla modificata realtà. L’uomo per suo istinto cerca di poter stare il più comodo possibile nelle situazioni di vita più svariate (lavoro, famiglia, vita sentimentale). La perdita di tali comodità, certezze e affetti, nonostante il loro aspetto doloroso, permette ora di poterne apprezzare maggiormente il loro valore che forse precedentemente si pensava scontato.

Dott.ssa Claudia Langella
Psicologa Clinica
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