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I vaccini anti-Covid non fanno male

Autore: a cura del dott. Carlo Alfaro | Pubblicato Novembre 2021 in Salute

Dal 15 ottobre in Italia il Green Pass è diventato obbligatorio per poter accedere al posto di lavoro: se non si è vaccinati contro il Sars-CoV-2 o non si è guariti dalla malattia, bisogna fare un tampone ogni 48 ore. Al 15 ottobre in Italia era stato completamente vaccinato l’81% della popolazione, era in attesa di seconda dose il 4,4% e non era vaccinato il 14,6%. Chi è contrario al vaccino preferisce comunque sottoporsi a test ogni due giorni anziché vaccinarsi. Eppure, la pandemia Covid-19 in poco più di un anno ha causato 2,69 milioni di decessi e 122 milioni di contagi e solo dopo l’introduzione dei vaccini si è verificata una significativa riduzione dei tassi di morbilità e mortalità. Il rapporto rischio/beneficio tra ammalarsi di Covid-19 e vaccinarsi risulta decisamente favorevole al vaccino, come conclude un ampio studio sulla vaccinazione di massa col Pfizer in Israele pubblicato sul New England Journal of Medicine.
L’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) con cadenza mensile pubblica il Report sui risultati dell’attività di farmacovigilanza sui vaccini anti-Covid. Il nono Rapporto comunica che tra il 27 dicembre 2020 e il 26 settembre 2021 su un totale di 84.010.605 di dosi somministrate sono 16 in totale i decessi correlabili ai vaccini (circa 0,2 casi ogni milione di dosi) e 120 i casi di reazioni avverse ogni 100.000 dosi, di cui l’85,4% non gravi con 17 eventi gravi ogni 100.000 dosi (14,4%). La reazione si è verificata nella maggior parte dei casi nella stessa giornata della vaccinazione o il giorno successivo. Anche l’EMA, Agenzia Europea dei Medicinali, conclude nell’ultimo Report di settembre che i vaccini anti-Covid risultano garantiti per sicurezza, efficacia e qualità: la grande maggioranza degli effetti collaterali sono lievi e di breve durata. Negli USA, il vaccino Pfizer ha già ricevuto l’autorizzazione definitiva dall’Agenzia statunitense del Farmaco (FDA): non è più ad uso emergenziale, in quanto i follow up sui vaccinati ne confermano definitivamente la sicurezza.
Tuttavia, le resistenze delle persone ostili al vaccino sono molto radicate e basate spesso su informazioni fallaci o paure infondate.
Qualcuno crede che il vaccino possa causare o contagiare la malattia. Invece, i vaccini attualmente in uso in Italia usano la tecnologia a mRNA (Pfizer-Biontech e Moderna) o quella a vettore virale (Astrazeneca e Janssen): non contengono dunque il virus, né vivo né attenuato, e non possono causare infezione o malattia.
Un timore diffuso è che il vaccino possa far male se si è già avuta la malattia e si hanno molti anticorpi. In realtà, il vaccino è indicato (in dose unica) in chi ha già contratto in maniera sintomatica o asintomatica il Covid (aumenta l’immunità) e non serve misurare il livello di anticorpi circolanti prima di eseguirlo.
Una delle bufale più terribili è che i vaccini contengano tessuti di feti umani abortiti: nasce dal fatto che negli studi pre-clinici si usano colture di linee cellulari immortali di origine embrionale, ma mai nessun residuo cellulare può essere contenuto nel prodotto finale.
E’ falso anche che i vaccini con RNA messaggero (mRNA) come Pfizer e Moderna modifichino il DNA umano. L’RNA messaggero non penetra nel nucleo cellulare e non modifica il genoma. Sia l’mRNA del vaccino che le proteine Spike prodotte nelle cellule sotto il suo indirizzo sono rapidamente eliminati dall’organismo. Né c’è motivo scientifico di sospettare che il vaccino abbia delle conseguenze a lungo termine.
E’ stato anche temuto che i vaccini anti Covid potessero innescare una reazione chiamata ADE, cioè “Antibody Dependent Enhancement”, in cui gli anticorpi anziché bloccare un virus ne facilitano il suo ingresso nelle cellule, ma anche questa ipotesi non ha trovato conferme.
Un altro timore è quello che i vaccini possano scatenare reazioni allergiche. Invece chi è un soggetto allergico o ha manifestato reazioni allergiche non presenta un rischio superiore a quello degli individui non allergici e può essere quindi vaccinato senza alcun problema. Il rischio di reazioni anafilattiche in seguito alla vaccinazione contro il Covid-19 è in ogni caso molto basso, si stima circa 11 casi per milione di dosi per i vaccini a mRNA. Le allergie ai vaccini Covid a mRNA sono, oltre che rare, tipicamente lievi e curabili, secondo quanto conclude uno studio dello Stanford University Medical Center, pubblicata su Jama Network Open.
Le uniche patologie che controindicano la vaccinazione in modo assoluto sono: anafilassi agli eccipienti contenuti nel vaccino e insorgenza di effetti collaterali gravi (es. reazione allergica grave/anafilassi) dopo la prima dose. Viceversa nelle condizioni di fragilità es. malattie autoimmuni e immunodeficienza (primitiva o secondaria) il vaccino è fortemente consigliato poiché sono soggetti più a rischio di Covid grave.
E’ bene anche chiarire che non è possibile identificare una “predisposizione” a reazioni avverse con esami pre-vaccinali e quindi non ha senso eseguirli. Anche per quanto riguarda la rara e grave reazione con tromboembolie e piastrinopenia entro le prime quattro settimane dopo aver ricevuto un vaccino a vettore virale (Astrazeneca e Janssen), è dimostrato che i pazienti con trombofilia o con precedenti trombosi non sono esposti a un rischio aumentato. Al momento non sono stati identificati particolari fattori di rischio che rendono più probabile la trombosi con trombocitopenia a seguito della vaccinazione, compresi età e genere (inizialmente si erano ritenute a rischio donne e soggetti di età minore di 65 anni).
La possibile correlazione tra vaccinazione anti-Covid a mRNA e casi di miocardite e pericardite, principalmente in maschi di età compresa tra 16 e 30 anni- è confermata da molteplici sistemi di farmacovigilanza internazionale. Secondo gli studi l’incidenza stimata di miocardite dopo i vaccini a mRNA è di oltre 2 casi per 100.000 persone, quindi è un evento raro (le miocarditi non riconducibili a vaccini hanno un’incidenza di 10-20 casi per 100.000). I dati disponibili indicano che il rischio è più alto dopo la seconda dose di vaccino. Tuttavia le miocarditi/pericarditi post-vaccinali nella quasi totalità dei casi sono di gravità lieve o moderata con guarigione in tempi rapidi, anche se per la prognosi a medio-lungo termine (mesi o anni) non si è ancora verificato un tempo di follow-up sufficiente. D’altro canto, le infiammazioni cardiache causate dall’infezione sono più frequenti, oltre che ad impatto clinico decisamente più impegnativo, rispetto a quelle causate dal vaccino. Per esempio, risulta che i maschi di 12-17 anni infetti dal virus abbiano una probabilità 6 volte maggiore di sviluppare miocardite rispetto a quelli che hanno ricevuto il vaccino. Poiché il rischio sembra maggiore dopo la seconda dose del vaccino Moderna, Svezia, Finlandia e Danimarca hanno sospeso in via precauzionale questo vaccino (e non il Pfizer) nei giovani: la Svezia per le persone nate dopo il 1991 (meno di 20 anni), la Danimarca per quelle sotto i 18 anni, la Finlandia per la popolazione maschile sotto i 30 anni. Nel Regno Unito, il rischio delle potenziali miocarditi per i ragazzi sani fra i 12 e i 15 anni è apparso superiore ai benefici per gli esperti del comitato medico-scientifico consultivo del governo, tanto da non raccomandare la vaccinazione in questa fascia di età, esclusi i casi di fragilità preesistente.
Il possibile legame dei vaccini sia a mRNA che con vettore adenovirale con irregolarità mestruali è stato esaminato in uno studio inglese pubblicato sul British Medical Journal, che afferma che i dati di sorveglianza non supportano una correlazione, poiché il numero di segnalazioni è basso in relazione sia al numero di persone vaccinate che alla prevalenza nella popolazione dei disturbi mestruali. In realtà, la regolarità del ciclo mestruale può essere influenzata proprio dalla risposta immunitaria al virus stesso, essendo state riscontrate interruzioni mestruali in circa un quarto delle donne infettate da Sars-CoV2. L’alterazione, temporanea e transitoria, del ciclo mestruale provocata dal vaccino non incide comunque sulla fertilità né sul ciclo ormonale e ovulatorio. Anche la preoccupazione sulla presunta influenza sulla fertilità maschile è stata fugata da uno studio della University of Miami Miller School of Medicine pubblicato su JAMA: non ci sono state diminuzioni significative in nessun parametro del liquido spermatico dopo i vaccini a mRNA.